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(F. Nietzsche)


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"La cima è là dove uno la mette" (Antonio Boscacci)

"Non ho abbastanza talento per correre e sorridere insieme" (Emil Zatopek)

giovedì 17 marzo 2011

Tutti i colori dell'Italia

Copio e incollo dalla Gazzetta di oggi un bell'articolo. La storia di un Paese è fatta anche dalle storie dei suoi atleti, e spesso queste storie si intrecciano più di quanto sembri.

(Se non ci credete consiglio il bel libro "L'Italia del Giro d'Italia" di Daniele Marchesini - ed. il Mulino)


MILANO, 17 marzo 2011 - Azzurro, come il colore di una maglia che ci rappresenta all’estero ancor più dello stesso tricolore; rosa, come il colore della Gazzetta dello Sport che per 115 anni ha raccontato e promosso lo sport, quel colore che richiama il ruolo della donna nel nostro sport, oggi in molti casi più prodigo di successi rispetto al settore maschile; oro, come il colore delle medaglie, olimpiche, mondiali, europee collezionate in oltre un secolo; rosso come Ferrari, come Ducati, come Alfa Romeo, il colore della Nazionale dei motori. Sono i colori di una ideale bandiera dello sport, che abbiamo costruito per ripercorrere assieme la storia del movimento sportivo nell'Italia che nasce, il 17 marzo del 1861. Ma quando l'Italia nasce, lo sport moderno, in molti altri Paesi europei, è già in pieno sviluppo: da noi, ci vorranno decenni perché il germe di una cultura sportiva si diffonda nella penisola.

Tutto ha inizio con Obermann — Si conviene che lo sport da noi rinasca in seguito alla fortunata scelta di un ginnasta svizzero, Rudolf Obermann, inizialmente chiamato nel 1833 dai Savoia per l’educazione fisica dei figli di Carlo Alberto, e poi preposto alla preparazione degli allievi della Scuola Militare di Artiglieria. Sarà Obermann, con altri, a fondare nel 1844 la Reale Ginnastica Torino, primo club sportivo italiano. E sarà da questa società, che organizza i primi corsi di ginnastica per giovani e insegnanti (e per signorine, dal 1867) che lo sport entrerà nella scuola, fra mille difficoltà economiche e culturali: l’opposto della Gran Bretagna dove invece è la scuola a stimolare la crescita dell’associazionismo sportivo. Per tutto l’Ottocento, accanto alle corse ippiche introdotte presso di noi dagli anglosassoni, e alla scherma che si pratica nelle Accademie, la ginnastica, assieme al tiro a segno nei poligoni (e nelle scuole!), precederà l’arrivo del velocipede e il boom del ciclismo, e poi degli sport motoristici.

La svolta fascista — A fine Ottocento, quando nasce La Gazzetta, il calcio (il "foot-ball") è poco più che una curiosità: si sviluppano lotta e pesi, scoppia la febbre dell’aviazione, mentre l’atletica leggera, il nuoto e lo stesso canottaggio sono poco più che curiosità. Inadeguata e in ritardo la scuola, debole e asfittico l’associazionismo, lo sport italiano insegue il resto d’Europa, e ai primi segnali di una riduzione del distacco la Grande Guerra cancella quasi tutto. Sarà il fascismo a comprendere assai rapidamente il senso e il fascino dello sport, e la sua capacità di influire sulle grandi masse: le grandi organizzazioni create nel Ventennio, purtroppo fuori dalla scuola, saranno la base per i primi grandi stadi e le prime affermazioni sportive - i due Mondiali di calcio, l'exploit dei Giochi di Los Angeles - la nascita dei primi miti e delle prime grandi rivalità. L’equazione fascismo uguale sport diverrà così radicata, da produrre, alla fine del secondo conflitto mondiale, una forma di parziale rigetto dello sport che peserà, di nuovo, sulla sua evoluzione.

Il traino del totocalcio — Due saranno i grandi volani della rinascita dello sport italiano: il meccanismo di sovvenzione costruito sul Totocalcio da Andreotti e Onesti e l’assegnazione dei Giochi ’60 a Roma. Nasceranno allora, o rinasceranno, le grandi organizzazioni sportive, i campi-scuola in tutto il Paese, le palestre, i Giochi della Gioventù e i germi di una cultura dello sport come componente fondamentale del tessuto sociale. Il modello-Totocalcio, unico nel mondo occidentale, offrirà allo sport, dagli Anni 80 del Novecento, mezzi altrove indisponibili, generando progressivamente uno sviluppo non privo di storture, di sprechi, di abnormi prodigalità. Ma sarà questo meccanismo, appoggiato al volontariato della base e sostenuto al vertice da una cura senza risparmio di mezzi dei talenti emergenti, ad alimentare il nostro sport, quello non dichiaratamente professionistico, mentre il calcio riguadagna lentamente il ruolo che aveva assunto fra le due guerre, e le altre leghe faticano a trovare dimensione paragonabile. Con la crisi della lotteria basata sul calcio, il modello che tutti ci invidiavano viene meno a partire dagli Anni 90, solo parzialmente compensato dall’industria che scopre lo sport, mentre - pur nel ritardo della condizione femminile - la donna incomincia a divenire fondamentale sulla bilancia dei successi dell’Italia. Il ritardo della scuola si fa pesante, la domanda di sport aumenta, le risorse per soddisfarla diminuiscono: ma i successi non vengono meno. Quest’onda lunga che continua è il nuovo miracolo italiano.

Elio Trifari

>>> link all'articolo originale



(minuto 1:45 Tania for President!!!)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

tu "Pampino" Matteo.. era dedicata a te?

Sacche nel frigo pronte per affrontare Consonno

beetlejuice ha detto...

eh magari!

con tutti questi anonimi inizio a capirci poco, inverigo immagino sia tu l'autore della pirlata..

io invece ho rubato il ventolin a petacchi e sulla salita di santa maria hoe non avrò rivali

Anonimo ha detto...

il ventolin di Petacchi ha solo una controindicazione... appena lo aspiri diventi un "piagnucolone"

Marco Velo